lunedì 8 febbraio 2016

I coriandoli sono milanesi o triestini?

Nella mia recente visita alla mostra "Milano città d'acqua", tra le tante interessanti immagini dei navigli, delle fontane, delle piscine che arricchivano e caratterizzavano Milano, ho scoperto anche alcune curiosità.
Tra queste quella dei coriandoli.
Come si sa i coriandoli sono piccoli ritagli di carta colorata usati nelle festività per essere lanciati in aria o su persone e tipici del Carnevale. 





Ma qual'è la loro origine?

Nella maggior parte delle lingue (fra cui inglese, tedesco, francese, olandese, svedese e spagnolo), e anche nelle lingue non indo-europee, i coriandoli sono stranamente noti come "confetti", o un adattamento ortografico. 
Il termine ha origine nel Rinascimento quando in Italia ai matrimoni o durante il carnevale si usava lanciare veri e propri dolcetti, i confetti appunto. 
Già prima del 1597 i confetti stessi erano anche chiamati coriandoli «cuopronsi i coriandoli di zucchero per confetti», perché si utilizzassero talora i semi della pianta del coriandolo, molto comune in quei tempi attorno a Milano, al posto delle mandorle.
In seguito, come coriandoli, si utilizzarono nei lanci anche palline di carta colorata o di gesso. 
Nel periodo del carnevale, durante le sfilate di carrozze, tipiche di molte città, venivano gettati sulla folla mascherata granoturco ed arance (come ancora è tradizione al Carnevale di Ivrea), fiori, gusci d'uovo ripieni di essenze profumate, monete..
A partire dal XVI secolo, con i frutti del coriandolo, rivestiti di zucchero, si iniziarono a produrre dei confettini profumati, fatti apposta per essere lanciati dall' alto dei carri mascherati o da balconi e finestre.
Questa usanza era piuttosto costosa, cadde in disuso, e i confetti bianchi vennero gradualmente sostituiti da piccole pallottole, di identico aspetto, ma fatte di gesso.
Ma è del 1875 l'origine dei coriandoli così come siamo abituati a vederli oggi, origine legata anche alla storia dei Navigli milanesi.
Pare che a Milano, nel XIX secolo, si cominciasse a tirare qualcosa di diverso: minuscoli dischetti di carta bianca che al minimo refolo di vento si sollevavano in aria, come se una nevicata ricoprisse i carri che sfilavano.
Infatti nel 1875 furono adottati i cerchi di carta, grazie all'inventiva dell'ingegnere Enrico Mangili di Crescenzago (Milano), che iniziò a commercializzare come coriandoli i cerchi di carta di scarto dalle carte traforate utilizzate in sericoltura per l'allevamento dei bachi da seta, prima bianchi e poi di carta colorata.


Complesso dell'ex azienda tessile sul Naviglio Martesana

Ma perché l'origine dei coriandoli è legata ai Navigli?

ll Cavalier Enrico Mangili, ingegnere e industriale, passato poi alla storia come “l’inventore dei coriandoli”, era proprietario di una stamperia di tessuti a Crescenzago, situata proprio sul Naviglio Martesana.
Nella seconda metà del ‘800 detta stamperia infatti si trovava nel complesso di villa Lecchi tra piazza Costantino, il Naviglio della Martesana, via Meucci ed i giardini della attuale Associazione “Villa Pallavicini”.
L’azienda tessile, in cui lavoravano molte donne del paese, per far funzionare i macchinari sfruttava la forza idraulica della corrente del Naviglio mediante un mulino e, ancor oggi, nel muro di villa Lecchi proprio lungo il Naviglio della Martesana è possibile individuare i segni di dove era posizionata tale ruota.
Nel 1875 quindi l'ingegner Mangili ebbe la geniale trovata di utilizzare i piccoli dischetti di scarto dei fogli che venivano bucati per essere utilizzati come lettiere per i bachi da seta, per lanciarli sui carri di Carnevale.
I minuscoli coriandoli a Milano ebbero subito un grande successo e cambiarono il volto e la storia del Carnevale, entrando prima a far parte della tradizione meneghina e poi di tutto il mondo.
Bisogna però ricordare che Enrico Mangili fu anche un uomo molto caritatevole, un filantropo che contribuì economicamente alla fondazione dell’asilo che ospitava i figli delle filatrici di Crescenzago. 
Nel giardino di questo asilo, in via Padova 269, ancora oggi si può vedere un busto che lo ricorda.


Busto di Enrico Mangili - Nel giardino dell' asilo, in via Padova 269


Ma un'altra curiosità riguarda la paternità dell'invenzione!

L'invenzione dei coriandoli di carta è stata tuttavia rivendicata anche da un altro ingegnere, Ettore Fenderl, scienziato di fama internazionale.
Secondo un racconto da lui stesso riferito (e riportato anche in un'intervista alla radio Rai del 1957), per festeggiare il Carnevale del 1876 avrebbe ritagliato dei triangolini di carta in quanto non aveva il denaro per comprare i confetti di gesso allora in uso.
Quand'era ancora un bambino, impossibilitato a gettare dalla finestra di casa alla sottostante sfilata di carnevale i tradizionali confetti e i petali di rose, decise di tagliare in piccoli triangolini dei fogli di carta colorata che quindi lanciò dalla propria finestra di un palazzo in Piazza della Borsa a Trieste. 
L'effetto fu subito notato dalle maschere nonché dalla polizia che si recò in casa del bimbo per ottenere delucidazioni. 
La voce corse subito a Vienna (era il 1876 e Trieste era un'importante città dell'Impero Absburgico) e a Venezia e l'idea, per altro mai brevettata, fece con successo il giro del mondo. 



Maschere - Stampa antica

Ettore Fenderl nato a Trieste il 12 febbraio 1862 e morto 104enne a Vittorio Veneto il 23 novembre 1966 è comunque ricordato soprattutto come scienziato, inventore eclettico e filantropo italiano, anche se i più associano il suo nome appunto all'invenzione dei coriandoli o alla tomba presente al cimitero di S.Andrea a Vittorio Veneto, considerata un monumento alla sua megalomania.

Ettore Fenderl è noto principalmente per essersi interessato, dal 1912, alla radioattività, applicandola alle strumentazioni ottiche e per aver fondato a Roma nel 1926 il primo laboratorio per le ricerche radioattive, Istituto Statale di Radioattività Italiano, dove operò anche il giovane Enrico Fermi. 
Qui fondò anche la Fenderlux una sua società che realizzava apparecchiature ottiche per scopi militari.
I suoi contributi nel settore della radiottività sono stati ricordati nel 2006, a 50 anni dalla morte, in un libro "Ettore Fenderl, un pioniere della radioattività", una biografia affidata alla storica Loredana  Imperio, basata sui documenti conservati dalla Fondazione, così da far conoscere Ettore Fenderl a quanti hanno beneficiato e beneficiano del lascito ed alla comunità scientifica. 
"Un ecclettico - si legge nella premessa del libro - che amò tanto Vittorio Veneto, sua città di adozione, da donarle ogni suo bene e la sua fondazione benefica."



Mausoleo, con il busto di Ettore Fenderl,  sulla cui sommità si vede anche il simbolo dell'infinito


Laureatosi ingegnere all'università di Vienna ed ingegnere civile al Politecnico di Milano, nel 1898 brevettò un tipo di centrale per la produzione dell'acetilene e nel 1906 progettò il palazzo del Ministero della Marina Austriaca. 
Importanti furono i suoi interventi nella progettazione della metropolitana di Vienna, una 
delle prime al mondo.
I suoi brevetti furono copiati non solo in Austria, ma anche in Germania e negli Stati Uniti. 
Nel 1936 si ritirò a vita privata acquistando una proprietà a Vittorio Veneto e nel 1950 istituì la Fondazione Flavio ed Ettore Fenderl con scopi benefici.
Come volle lui stesso, alla sua morte i suoi terreni furono adibiti alla realizzazione del Parco Fenderl, un'area verde di 12 ettari con una struttura sede di varie realtà che operano nel sociale, ai piedi del Monte Altare.






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